Partnership al progetto

 Partnership al progetto

INTERVISTA 2 
Davide Ruzzon, docente di composizione architettonica e teoria del progetto presso l'Università Iuav di Venezia, Direttore e co-fondatore di Tuned e Responsabile scientifico del Master NAAD, Neuroscienze applicate all'architettura ed al design 


 

·       Lei è Architetto e dal 2006, Direttore e co-fondatore di TUNED, e Responsabile Scientifico del Master NAAD dello IUAV di Venezia.
Le vorrei chiedere in generale quanto l’ambiente che ci circonda influisce su chi lo abita, e poi andando nello specifico, per quanto riguarda il tema detenuto e reclusione. (umore, sensazioni positive/negative, concentrazione, senso di appartenenza…)


      Lo spazio intorno a noi influisce moltissimo. L’ambiente artificiale è stato concepito per rispondere a degli schemi di interazione, “Pattern”, sviluppati in una traiettoria evolutiva lunghissima, e che hanno delle dimensioni affettive ed emotive che cerchiamo di ritrovare nel momento in cui interagiamo con lo spazio artificiale.
Se noi non progettiamo lo spazio architettonico tenendo in considerazione questa “Attunedment”, (sintonizzazione) involontariamente portiamo il nostro corpo ed il nostro cervello a produrre stress.


·        - Durante il Seminario “Architettura vs Edilizia, le sfide del carcere contemporaneo” tenuto lo scorso ottobre a Torini,  il suo intervento si è basato sui danni neurologici irreversibili che un essere umano subisce dopo aver passato del tempo in stato di reclusione. Può spiegarci con brevi concetti, ciò che accade?


Il caso più eclatante, analizzato e studiato soprattutto nell’Università del Michigan, è stato registrato per un soggetto che in modo continuativo passò 28 anni della sua vita in stato di reclusione.  Lo studio riportò trasformazione fisiche soprattutto di una parte fondamentale del cervello chiamata ippocampo, una preziosa struttura cerebrale, che contribuisce alla memoria a breve e a lungo termine, alla memoria spaziale e all'orientamento, inoltre sede della neurogenesi. Quest’ultima, dagli studi effettuati, risultò gravemente trasformata (memoria, dimensione affettiva) e molto ridotta, la causa fu collegata alla costrizione all’interno di uno spazio ben noto, tale condizione impedì per un lungo periodo all’ippocampo di svolgere le proprie funzioni.

 

·        - I danni a livello neurologico di un individuo che vive la reclusione sono visibili anche in tempi di reclusione più limitati?

       Alcuni comportamenti vengono studiati in laboratorio attraverso il comportamento dei ratti, dimostrando che i “rich environment”, ambienti “arricchiti” di informazioni – formali o informali, reali o virtuali – contengono informazioni che possano essere utilizzate per l’apprendimento. La risposta celebrale dei ratti rispetto ad un ambiente arricchito nei confronti di un ambiente neutro privo di informazioni e stimoli, produceva in questi stessi una produzione di cortisolo, un ormone prodotto dal surrene su impulso del cervello, sintomo dello stress, nettamente inferiore. Questo comportamento è paragonabile a ciò che si vive all’interno di un carcere. Oltre al cortisolo presentavano un livello basso di memoria, aumento della tristezza, aumento dell’aggressività e limitazione dei tratti sociali ed individuali dell’individuo.



·        - Nel “Progetto Aria” una caratteristica Architettonica è quella del colore utilizzato come “Cromoterapia”, dalla sua esperienza, crede che questa caratteristica possa migliorare la qualità generale del progetto e la condizione psicologica di chi abita questi luoghi?


Quando si parla di colore bisogna tener conto di due aspetti; uno prettamente scientifico che va ad analizzare l’effetto che la cromia produce sulle risposte fisiologiche, l’altro riguardante il Piano del colore prettamente ristretto alla abitudini culturali. Tali elementi, ossia la dimensione culturale e quella fisiologica, formano una sovrastruttura strettamente correlata.
Sicuramente la combinazione di più colori, o meglio l’insieme degli elementi che entrano in un campo percettivo tra cui la luce artificiale e naturale che li caratterizza e li trasforma, sono elementi importanti non prescindibili dalle attese emotive di chi abiterà questi luoghi.



·        - Nel “Progetto Aria” un’altra caratteristica fondamentale è proprio l’aria aperta, il detenuto non è più “costretto” in uno spazio recluso ma, attraversa percorrenze e spazi all’aperto, crede che questa caratteristica possa aiutare lo stato psicologico di colui a cui è stata negata la libertà?

      Lo spazio è lo strumento fondamentale per la memoria e per la costruzione dell’identità. Nel momento in cui lo spazio viene deprivato, come avviene appunto nella maggior parte delle carceri italiane, non è più utile, cioè inibisce e sfavorisce il lavoro della memoria a breve e lungo termine, rendendo più complessa la stratificazione dell’identità di un soggetto.
L’aria aperta è un elemento fondamentale per la salute fisica e mentale.
Un aspetto cardine del “radicamento” ad un luogo sono proprio i landmark, punti di riferimento, quali suoni, paesaggi, orientamento, viste, elementi del paesaggio che riescono ad entrare nella vita di un detenuto, ed aiutare così la dimensione sociale e collaborativa e privata.



·        - Una caratteristica del “Progetto Aria” è quella di impiegare la maggior parte del tempo del detenuto evitando l’ozio. La giornata è scandita da 8 ore lavorative, scuola/studio per chi desidera acquisire licenzia media o diploma superiore, ore dedicate allo sport, e tempo da dedicare alla salute mentale (spazi di ascolto con psicologhe del centro). Secondo lei impiegare il tempo occupando le giornate come fossero “normali cittadini”, condizione che attualmente viene meno, potrebbe creare meno danni a livello neurologico?

       Muoversi, muovere il proprio corpo permette il giusto funzionamento dell’ippocampo, nel suo lavoro di mappatura e nel rilascio di proteine a proteggere l’ippocampo è essenziale nella vita di un essere umano. La mancanza del movimento e la limitata attività motoria, dagli studi condotti, producono effetti molto seri a livello neurologico quali Alzheimer e varie forme di demenza. A tal proposito è stato condotto uno studio dalla Macquaire University, conducendo un’indagine sulla produzione della poliproteina P4, gene/marcatore che individua le probabilità di sviluppare malattie del sistema neurologico quali appunto l’Alzheimer. Nel numero di soggetti coinvolti, tale produzione, variava a seconda di come questi vivevano lo spazio. Alcuni vivevano quest’ultimo in maniera egocentrica, muovendosi in maniera sequenziale, altri invece vivevano lo spazio in maniera predittiva, utilizzando uno sforzo immaginativo superiore rispetto agli altri, questi avevano un tasso di sviluppo di malattie neurologiche molto più basso rispetto ai primi. Tale studio è stato fondamentale poiché ha dimostrato che esiste una correlazione tra come noi utilizziamo uno spazio e l’innesco di una malattia neurodegenerativa dell’ippocampo.



·        Sappiamo che il fenomeno di DISCULTURAZIONE  si verifica con alte percentuali all’interno del carcere (comportamento che rende l’individuo incapace di maneggiare situazioni tipiche di vita quotidiana del mondo esterno). Le soluzioni che propone il Progetto Aria quali attività comuni potrebbero diminuire tale fenomeno?

      Il senso produttivo in termine di rilascio di serotonina e dopamina, è antidepressivo. Avere un’attività da sviluppare è sicuramente oltre che educativo, fondamentale per tenere alcune funzioni neurologiche attive. Altro aspetto fondamentale del lavoro e delle attività generali è quello delle relazioni sociali, e l’interazione tra altri individui.
La noia, durante la reclusione, produce una percentuale di cortisolo che ricordiamo appunto essere un ormone prodotto dal nostro organismo per far fronte a situazioni di forti stress.


 


 


 

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